Progetto di Storia Contemporanea
Anno scolastico 2015/2016
Violenza politica
Per comprendere la complessa serie di ragioni che spinsero individui molto giovani a optare per l’esistenza in clandestinità, risulta necessario riferirsi alle strategie di legittimazione relativa all’opportunità di ricorrere alla violenza come strumento di lotta politica. E’ opportuno ricordare che in nessuna cultura politica del Novecento è assente, in vari modi, la questione della violenza giusta, quindi legittimamente usata. Sia nella cultura marxista sia in una certa tradizione cattolica s’intrecciano alcuni elementi:
a) un progetto politico di emancipazione degli ultimi;
b) la fondazione di una società di liberi ed eguali liberata dalla violenza che, di questa, ne deve fare uso.
Giovanni De Luna ha proposto una periodizzazione che consente di distinguere tra forme distinte di violenza politica a sinistra ¹:
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In una prima fase tra gli studenti del 1968 emergono una serie di pratiche spontanee (sit-in, resistenza passiva opposta alla polizia in occasione degli sgomberi, interruzione di lezioni, occupazioni di aule e istituti) tutt’altro che radicali
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Dopo piazza Fontana e con forza a partire dal 1971-71, s’impone una teorizzazione della violenza nei gruppi dell’estrema sinistra quando prevale la percezione di una vasta iniziativa repressiva dello Stato (sintetizzata nell’espressione strage di Stato). In questo senso gioca un ruolo importante una certa eredità della Resistenza
In questo periodo storico, i fautori degli attentati sono fermamente convinti della legittimità delle loro azioni, tanto che la violenza diventa a tutti gli effetti una caratteristica della quotidianità.
Si possono individuare tre principali soggetti :
- gruppi di destra neofascista (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale)aventi lo scopo della lotta alla democrazia mediante esplosioni in piazze e treni con l’obiettivo appunto di destabilizzare il regime democratico per favorirne l’instaurazione di stampo autoritario;
- gruppi di sinistra rivoluzionaria di matrice leninista (Brigate Rosse, Prima Linea, Proletari Armati per il comunismo) che hanno l’obiettivo di mutare gli assetti di potere, di “fare la rivoluzione”, legittimandosi come avanguardia politico-militare di un proletariato supposto disponibile a seguirli. Forte è, in questi gruppi, l’identificazione tra Stato democratico e Stato autoritario (fascista)
- formazioni extraparlamentari non clandestine (Lotta continua) che mirano a contrastare o a battere l’avversario politico, sconfiggere i rappresentanti dell’ordine costituito, ma anche ottenere il predominio in scuole, bar e quartieri dando vita ad una sorta di lotta tribale caratterizzata dall’utilizzo di armi urbane quali bottiglie, spranghe, molotov e talvolta pistole.
<<Terrorismo e violenza politica, dunque, non appaiono affatto come fenomeni avulsi dal
contesto politico e sociale che li aveva espressi: diversi percorsi d’archivio, tra essi intrecciati,
mostrano, anzi, una continuità semantica, di repertori d’azione e di orizzonti mentali e culturali
condivisi tra movimenti collettivi, gruppi politici e le formazioni armate. Allo stesso modo,
proprio il confronto con i documenti scoraggia facili automatismi: scagliare una pietra non porta
necessariamente alla scelta delle armi e tra forme di violenza, anche radicale, si stagliano confini
etici e morali molto netti. Diviene così sempre più stringente l’esigenza metodologica di restituire
il più possibile la specificità di ogni percorso, collettivo ed individuale. Al costo di giungere ad
un paradosso: proprio quando il tema della violenza ritrovava la sua centralità nella comprensione
e nella narrazione degli anni Settanta, si manifesta la necessità di relativizzarne la sua portata.
Essa non racchiude il senso di un’epoca, semmai è la manifestazione di una stagione
ambivalente, altamente conflittuale ma al contempo pervasa da un profondo processo di
democratizzazione della società italiana>>³.
¹ G. De Luna. Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza,violenza, sconfitta, memoria,Feltrinelli, 2009, p. 71
² Giovanni Moro. Anni Settanta. Einaudi. 2008. P.46-47
³ Guido Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica negli anni Sessanta e Settanta,Einaudi, 2009.