Progetto di Storia Contemporanea
Anno scolastico 2015/2016
Processo di Catanzaro
Dopo due “false partenze”, il dibattimento del processo di Catanzaro per la strage di piazza Fontana e reati connessi, in cui sono confluite tutte e tre le istruttorie, si apre davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro il 18 gennaio 1977. Nel dicembre di quell’anno è pronunciato il giudizio nei confronti del generale Saverio Malizia, Sostituto Procuratore Generale presso il Tribunale Supremo Militare nonché consulente giuridico del Ministro della Difesa, processato per direttissima per aver “affermato il falso e taciuto il vero” (art. 372 c.p.) davanti alla medesima Corte sulle modalità dell’opposizione del segreto politico-militare agli inquirenti, poiché “molteplici elementi […] inducevano a ritenere che il gen. Malizia non dicesse il vero nell’escludere ogni interferenza delle sedi politiche sulla questione Giannettini e nel negare la parte che egli stesso vi aveva avuto”. Malizia è dichiarato colpevole. Il processo per gli attentati del 12 dicembre si conclude invece dopo circa due anni, con la sentenza della Corte d’Assise di Catanzaro del 23 febbraio 1979 che condanna per strage Freda e Ventura, il giornalista e informatore del Sid Giannettini e assolve Valpreda (condannato, insieme Mario Merlino e altri, per il solo reato di associazione per delinquere in relazione alla partecipazione al gruppo anarchico romano “22 marzo”). Il giudizio della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, il 20 aprile 1981, ribalta le condanne per strage di Freda, Ventura e Giannettini in assoluzioni per insufficienza di prove. Freda e Ventura sono condannati solo per associazione sovversiva e per gli altri attentati del 1969 (esclusi quelli del 12 dicembre). La condanna per questi fatti è confermata in via definitiva dalla Cassazione con sentenza del 10 giugno 1982. Tale sentenza, invece, annulla le assoluzioni e rinvia a nuovo giudizio per il reato di strage continuata - cioè per piazza Fontana e gli altri attentati del 12 dicembre - non solo Freda e Ventura, ma anche Valpreda. Annullate anche le assoluzioni in appello degli ufficiali del Sid Gianadelio Maletti e Antonio Labruna, (nel 1979, in primo grado, erano stati condannati per i reati di falso ideologico in atto pubblico e favoreggiamento, reati consumati tra il 1973 e il ’74 per aiutare il neofascista Marco Pozzan, indagato in relazione alla strage, a “esfiltrare”, ossia fuggire all’estero), e l’assoluzione del maresciallo Gaetano Tanzilli, pure del Sid, per il delitto di falsa testimonianza “per avere, deponendo quale teste innanzi al Giudice Istruttore di Milano il 29 febbraio 1974 e innanzi al Giudice Istruttore di Catanzaro il 29 luglio 1975, negato, contrariamente al vero, di avere appreso da Stefano Serpieri [informatore del Sid] tutte le notizie riportate nell’appunto del 16 dicembre 1969 [una nota riservata del Sid relativa alla strage consegnata agli inquirenti di Milano]”. La Corte d’Assise d’Appello di Bari, con sentenza del 1 agosto 1985, assolve Freda e Ventura dal delitto di strage per insufficienza di prove. Confermata pure l’assoluzione di Valpreda, per insufficienza di prove; assolto Tanzilli per non aver commesso il fatto; confermata invece la condanna per falso ideologico di Labruna e Maletti: il ruolo giocato da uomini del Sid nel depistaggio dell’inchiesta, dunque, è confermato con sentenza passata in giudicato. La sentenza di Bari è infatti confermata dalla Cassazione il 27 gennaio 1987.