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Sequestro Moro

Anna Laura Braghetti, Prospero Gallinari e Mario Moretti sono gli unici testimoni del

sequestro di Aldo Moro, segretario della DC, ma sono anche gli stessi sequestratori.

I 55 giorni passati nell'appartamento di via Montalcini testimoniano la frenesia della scrittura

del prigioniero come unica via di salvezza al sequestro. Nonostante l'immaginario comune

-secondo l'autopsia e la testimonianza del recluso stesso- Moro si trovava in condizioni

fisiche buone, ad eccezione delle costole rotte durante il sequestro, non presentava segni

che potessero far pensare ad assunzioni di droghe ed era in condizioni igieniche nella norma.

«Moro, inoltre, aveva la sana abitudine di passeggiare per ben due ore al giorno nei pressi

dello Stadio dei Marmi, e nonostante la prolungata e imprevista immobilità - la cella, a causa

della presenza della brandina, non gli consentiva di compiere più di due-tre passi di seguito-

l'autopsia non ha rivelato alcun segno di atrofia muscolare.»¹

Inoltre le lettere sarebbero state scritte da Moro «sdraiato su un letto, con un cuscino dietro alle spalle, secondo quanto dichiarato da Moretti, perché mancava "lo spazio per un tavolo vero e proprio" c'era solo una "specie di piccolissimo tavolino" dove il prigioniero poggiava i suoi fogli a mano a mano che li riempiva»², ma risultavano leggibili nonostante Moro avesse una calligrafia incomprensibile.

Una serie di indizi e supposizioni non costituisce una prova, le uniche prove sono le testimonianze oculari dei carcerieri, «tuttavia un aspetto è certo: Moro subì una tremenda violenza psicologica prolungata nel tempo e visse una condizione estrema di privazione della libert໲. Non si tratta dunque di una libera adesione alla lotta armata, a differenza dei partigiani di cui le lettere dei condannati a morte sono paragonate all'epistolario di Moro, il segretario della DC «si è trovato all'improvviso privato della sua libertà personale per il ruolo che ricopriva all'interno della società politica».³

Secondo Gotor per un'interpretazione corretta delle lettere di Moro è necessario tenere in considerazione tre variabili: il rapporto indivisibile fra i testi, la censura dei brigatisti e l'autocensura, non avvenuta nel caso del

più noto commentatore delle lettere di Moro, Leonardo Sciascia, che pubblicò il suo scritto nel 1978 cogliendo la condizione tragica del sequestrato in contrapposizione con la libertà di espressione manifestata nelle lettere stesse. Risaltando la presenza di libertà di espressione si riconosceva una sorta di etica carceraria dei brigatisti, arrivando a condannare le BR ma al tempo stesso a lusingarle. Sciascia sembra inoltre ignorare una missiva a Francesco Cossiga (29 marzo 1978) che Moro voleva rimanesse segreta, divulgata però dei brigatisti facendogli credere che la pubblicazione fosse opera del ministro dell'Interno.

 

¹Aldo Moro. Lettere di prigionia, a cura di Miguel Gotor. Einaudi. 2008. P.187-188

²Aldo Moro. Lettere di prigionia, a cura di Miguel Gotor. Einaudi. 2008. P. 188

³Aldo Moro. Lettere di prigionia, a cura di Miguel Gotor. Einaudi. 2008. P.190

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